Così la giornata è trascorsa interamente protesa verso
quell’orario e quell’appuntamento: ho programmato tutto con cura, come sempre,
mi sono preoccupata di non lasciare niente al caso. Mi sono presa il tempo di cui avevo bisogno per stare
con me stessa e prepararmi a quest’incontro, a riscoprire quell’emozione
inconfondibile che solo un amante come Lui ha saputo darmi. Ho aspettato con
ipocrita indifferenza che arrivasse l’ora di prepararmi, incapace di fare o
pensare ad altro.
L’acqua calda della doccia mi è scivolata addosso senza
calmare la leggera inquietudine di sempre. Ho asciugato i capelli con una cura
maniacale: i miei ricci oggi devono essere perfetti. Mi sono truccata il viso
con lentezza, scegliendo con calma i colori, insistendo col mascara perché le
mie ciglia fossero arcuate. Ho indossato il vestito che mi piace di più, ho
modellato i leggings perché fossero ben tesi, ho litigato con qualche piega di
troppo. Ho infilato gli stivali e mi sono guardata allo specchio. Oggi, devo
essere al meglio delle mie possibilità, devo sentirmi accettabile; e non mi
interessa affatto lo sguardo degli altri o se sarò adatta o meno alla
situazione, ciò che conta è che è Lui che dovrà vedermi così.
Mi ci sono impegnata per non arrivare in anticipo, ma come
sempre esco di casa troppo presto, incapace di attendere oltre. L’aria gelida
della sera stende le rughe del volto e per un battito di ciglia mi
tranquillizza. Mentre la pietra levigata delle strade del centro mi scorre
sotto i piedi, non riesco a non pensare a Lui, e a come ho fatto a rimanerci
lontana tutto questo tempo.
Arrivo a destinazione con il mio canonico quarto d’ora di
anticipo: attendo impaziente camminando avanti e indietro, inventandomi messaggi
al cellulare da leggere, concentrandomi di fronte a locandine che non ricordo,
mostrando interesse, ma non posso aspettare troppo a lungo: perciò entro,
faccio un po’ la finta tonta in giro, e alla fine arriva il momento che
aspettavo. Salgo le scale quasi di corsa, sorrido quando sulla parete leggo la
targhetta placcata in oro: II ordine. È il mio. Le due ante della porta a
battenti che mi trovo davanti sono indicate come “10”. Cammino a ritroso finchè
non trovo il “4”. Eccolo, è il mio palco. Ci entro e guardo la platea sottostante
che si riempie di gente: sono loro, i miei compagni di viaggio per questa sera.
Per un frammento di tempo non calcolabile condivideremo qualcosa che sarà solo
nostro, irripetibile così come si svolgerà oggi. È un brivido lungo la schiena
il comparire degli attori, lo spegnersi delle luci, il concentrarsi degli
sguardi di tutti sul palco dove andrà in scena “Romeo e Giulietta”.
È l’inizio della magia quando si fa il silenzio, un silenzio
carico di attesa in cui un colpo di tosse, una sedia che si sposta, un cappotto
che scivola dalle braccia, un respiro in più si amplificano e preparano la
prima parola declamata in quel tono impostato ma chiaro che parte dal basso del
palco di legno e nell’acustica quasi perfetta del teatro sale su fino al
loggione, unendo tutti noi spettatori con lo stesso dorato filo
dell’attenzione, per catapultarci in un mondo parallelo per due ore. Per due
ore loro, la compagnia Factory (loro, per intenderci: http://www.youtube.com/watch?v=UFW6HcGn6q4) riuscirà nel miracolo di tenerci separati dal resto
del mondo che fuori continuerà la sua vita, ma per noi, gentilmente, si ferma,
e ci consente di partecipare della storia d’amore impossibile più famosa, forse,
di farci vivere dei dubbi, delle gioie e degli affanni adolescenziali di questi
ragazzi innamorati che si affacciano alla vita adulta che con loro non avrà
pietà (qui in una versione adattata estremamente interessante e con una Balia
con un accento salentino poco veronese). Per due ore è d’obbligo tenere il
cellulare spento, per due ore nessun problema e nessuna preoccupazione sono
ammessi, per due ore esiste solo l’amore di Romeo e Giulietta e l’indifferenza
bieca delle loro famiglie, per due ore esiste solo la magia che ci rende tutti
spettatori dello stesso miracolo.
Le luci in sala si riaccendono, gli attori alla ribalta si
prendono i nostri applausi e tornano ad essere uomini e donne con le loro vite
uguali e diverse nella quotidianità di un mondo frenetico che non conosce
magia. Ma intanto, per due ore, ci hanno regalato un pezzo di sogno. E mentre lascio il palco ed esco per strada nel
freddo della notte che si avvicina, sorrido di quanto potremmo essere lontani,
io e il Teatro, e di quanto comunque non saprei smettere di amarlo.
Ipnotico:Il tuo post,il tuo modo di scrivere,il tuo appuntamento.Magico,questo caffè :)
RispondiEliminala prossima volta andiamo a prenderlo insieme...sono tipi di appuntamento in cui più si è, meglio è ;)
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