venerdì 1 marzo 2013

Allora, ce lo prendiamo questo caffè? Cronaca di un appuntamento

C’è stato un tempo in cui ci frequentavamo con una certa assiduità, ma da un paio d’anni ci siamo persi di vista. Il desiderio di dedicarGli il mio tempo è rimasto intatto, ma per un motivo o per un altro c’era sempre qualcosa da considerare, da vedere, da fare. Negli ultimi tempi, però, il Suo pensiero si è fatto ostinato, siamo tornati a corteggiarci con insistenza; mi aveva già invitata altre volte, eppure ci si era sempre messo il mondo di traverso. Ieri, però, quando mi ha chiesto di prendere insieme questo caffè, non ho potuto rifiutare.

Così la giornata è trascorsa interamente protesa verso quell’orario e quell’appuntamento: ho programmato tutto con cura, come sempre, mi sono preoccupata di non lasciare niente al caso. Mi sono  presa il tempo di cui avevo bisogno per stare con me stessa e prepararmi a quest’incontro, a riscoprire quell’emozione inconfondibile che solo un amante come Lui ha saputo darmi. Ho aspettato con ipocrita indifferenza che arrivasse l’ora di prepararmi, incapace di fare o pensare ad altro.

L’acqua calda della doccia mi è scivolata addosso senza calmare la leggera inquietudine di sempre. Ho asciugato i capelli con una cura maniacale: i miei ricci oggi devono essere perfetti. Mi sono truccata il viso con lentezza, scegliendo con calma i colori, insistendo col mascara perché le mie ciglia fossero arcuate. Ho indossato il vestito che mi piace di più, ho modellato i leggings perché fossero ben tesi, ho litigato con qualche piega di troppo. Ho infilato gli stivali e mi sono guardata allo specchio. Oggi, devo essere al meglio delle mie possibilità, devo sentirmi accettabile; e non mi interessa affatto lo sguardo degli altri o se sarò adatta o meno alla situazione, ciò che conta è che è Lui che dovrà vedermi così. 

Mi ci sono impegnata per non arrivare in anticipo, ma come sempre esco di casa troppo presto, incapace di attendere oltre. L’aria gelida della sera stende le rughe del volto e per un battito di ciglia mi tranquillizza. Mentre la pietra levigata delle strade del centro mi scorre sotto i piedi, non riesco a non pensare a Lui, e a come ho fatto a rimanerci lontana tutto questo tempo.

Arrivo a destinazione con il mio canonico quarto d’ora di anticipo: attendo impaziente camminando avanti e indietro, inventandomi messaggi al cellulare da leggere, concentrandomi di fronte a locandine che non ricordo, mostrando interesse, ma non posso aspettare troppo a lungo: perciò entro, faccio un po’ la finta tonta in giro, e alla fine arriva il momento che aspettavo. Salgo le scale quasi di corsa, sorrido quando sulla parete leggo la targhetta placcata in oro: II ordine. È il mio. Le due ante della porta a battenti che mi trovo davanti sono indicate come “10”. Cammino a ritroso finchè non trovo il “4”. Eccolo, è il mio palco. Ci entro e guardo la platea sottostante che si riempie di gente: sono loro, i miei compagni di viaggio per questa sera. Per un frammento di tempo non calcolabile condivideremo qualcosa che sarà solo nostro, irripetibile così come si svolgerà oggi. È un brivido lungo la schiena il comparire degli attori, lo spegnersi delle luci, il concentrarsi degli sguardi di tutti sul palco dove andrà in scena “Romeo e Giulietta”.

È l’inizio della magia quando si fa il silenzio, un silenzio carico di attesa in cui un colpo di tosse, una sedia che si sposta, un cappotto che scivola dalle braccia, un respiro in più si amplificano e preparano la prima parola declamata in quel tono impostato ma chiaro che parte dal basso del palco di legno e nell’acustica quasi perfetta del teatro sale su fino al loggione, unendo tutti noi spettatori con lo stesso dorato filo dell’attenzione, per catapultarci in un mondo parallelo per due ore. Per due ore loro, la compagnia Factory (loro, per intenderci: http://www.youtube.com/watch?v=UFW6HcGn6q4) riuscirà nel miracolo di tenerci separati dal resto del mondo che fuori continuerà la sua vita, ma per noi, gentilmente, si ferma, e ci consente di partecipare della storia d’amore impossibile più famosa, forse, di farci vivere dei dubbi, delle gioie e degli affanni adolescenziali di questi ragazzi innamorati che si affacciano alla vita adulta che con loro non avrà pietà (qui in una versione adattata estremamente interessante e con una Balia con un accento salentino poco veronese). Per due ore è d’obbligo tenere il cellulare spento, per due ore nessun problema e nessuna preoccupazione sono ammessi, per due ore esiste solo l’amore di Romeo e Giulietta e l’indifferenza bieca delle loro famiglie, per due ore esiste solo la magia che ci rende tutti spettatori dello stesso miracolo.

Le luci in sala si riaccendono, gli attori alla ribalta si prendono i nostri applausi e tornano ad essere uomini e donne con le loro vite uguali e diverse nella quotidianità di un mondo frenetico che non conosce magia. Ma intanto, per due ore, ci hanno regalato un pezzo di sogno. E  mentre lascio il palco ed esco per strada nel freddo della notte che si avvicina, sorrido di quanto potremmo essere lontani, io e il Teatro, e di quanto comunque non saprei smettere di amarlo. 

2 commenti:

  1. Ipnotico:Il tuo post,il tuo modo di scrivere,il tuo appuntamento.Magico,questo caffè :)

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  2. la prossima volta andiamo a prenderlo insieme...sono tipi di appuntamento in cui più si è, meglio è ;)

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